15 Nov F1: i segreti di Interlagos

Tutto pronto per la penultima tappa del Mondiale di F1 2019. Come da tradizione si corre in Brasile, nell’autodromo José Carlos Pace di Interlagos, pista di Formula 1 fin dal 1973. Originariamente lungo circa 8 km, il tracciato ha ospitato sette edizioni del GP tra la data dell’inaugurazione e il 1990 prima di subire una profonda rivisitazione (si è scesi a 4,3 km) che l’ha portato alla configurazione utilizzata ininterrottamente dal 1991 a oggi.
Le difficoltà del tracciato
Il circuito di Interlagos misura precisamente 4.309 km ed è composto da 15 curve, dieci delle quali a sinistra e cinque a destra. Si gira in senso antiorario e sono previste due zone per l’utilizzo del DRS: la prima nel rettifilo tra curva 3 e curva 4. La seconda su quello del traguardo.
Il primo settore è caratterizzato da una frenata molto difficile seguita da tre veloci cambi di direzione e dal primo lungo rettilineo. Un layout ideale per le caratteristiche della Ferrari che dopo qualche gara difficile partirà in Brasile con i favori delle quote delle scommesse sportive di SportPesa.
Nella seconda parte a contare è soprattutto il carico aerodinamico: avere un buon grip e riuscire a gestire i pneumatici diventerà fondamentale per affrontare il tratto più tecnico. Il giro si concluderà con il terzo e ultimo settore: caratterizzato da un lungo rettilineo sembra essere l’ideale per esaltare la potenza delle Power Unit e la trazione, determinante soprattutto in uscita dalla curva Junçao.
L’importanza dell’aerodinamica
La pista di Interlagos richiede un carico aerodinamico medio/alto per affrontare efficacemente il secondo settore, ricco di curve dalla diversa configurazione e velocità. Nella prima e terza parte del tracciato è invece il motore ad avere maggiore importanza grazie alla presenza di due lunghissimi rettilinei che permettono di tentare eventuali sorpassi.
L’incognita altura
Come in tutti i circuiti situati in altura, anche quello di Interlagos proporrà difficili sfide a tecnici e ingegneri. Interlagos è infatti a 800 metri sopra il livello del mare e la sua locazione mette a dura prova le moderne Power Unit: basti pensare che la pressione sui gruppi turbocompressori porta a una perdita di potenza stimata nell’1,5%. Per compensare questo calo si andrà a intervenire proprio sul gruppo, portandolo a lavorare a circa 2000 giri al minuto in più. Molto contenuti, invece, i consumi, con le scuderie che non dovranno preoccuparsi troppo dell’uso del carburante durante i 71 giri di gara.
La scelta dei pneumatici
La Pirelli ha scelto per il Gp del Brasile le tre mescole più dure a disposizione, la C1, hard di colore bianco, la C2, media gialla e la C3, rossa soft. La pista brasiliana non è lunghissima ma le numerose curve e il carico aerodinamico elevato delle vetture metterà a dura prova i pneumatici. A maggior ragione in caso di temperature più elevate della norma. Già definite le strategie tra i top team: per Mercedes Bottas correrà con tre set di medie e due di hard mentre Hamilton con un set di hard e quattro di medie. Stessa configurazione per Ferrari e Red Bull che hanno scelto un set di hard, due set di medie e dieci set di soft.